Sulla sofferenza

Pubblicato da Maurizio il 29/10/2023
Aggiornato il 02/01/2024
Tempo di lettura, circa 3 minuti

nemo

Mi trovo, ancora una volta, a dover fare i conti con Madre Natura.

Lo avevo già fatto in questa occasione concentrandomi sul mondo animale e riflettendo di come la brutta morte di un topolino dovrebbe farci riflettere sul concetto di Natura buona e meravigliosa.

Durante una passeggiata in una foresta veramente magica (appena possibile racconterò qualcosa) mi sono sentito davvero vicino a quello che potrei chiamare spirito originario oppure sensazione primitiva ovvero il sentirsi decisamente in sintonia con la natura primordiale.

Una foresta incarna un aspetto antichissimo del nostro pianeta.

I vegetali - sebbene molto diversi da oggi - esistevano già molto tempo prima della comparsa delle prime forme di vita animale.

Dopo il primo momento di emozione e di sbalordimento ho iniziato a guardare la foresta con occhi diversi e ho visto cose che mi hanno fatto riflettere.

Durante le tante ore di camminata non abbiamo incontrato nessun animale grosso o piccolo che sia. Abbiamo sentito qualche verso di uccello, abbiamo visto diverse impronte e altri segni lasciati sul terreno ma non abbiamo visto nessuna forma di vita animale.

La foresta era il tutto.

Gli alberi erano i padroni indiscussi di quel territorio vasto e antico.

Tra la meraviglia di un'antica faggeta, un cadavere

Tra la meraviglia di un’antica faggeta, un cadavere

Tra tutta questa meraviglia si scorgono ovunque i segni di una sofferenza altrettanto vecchia.

I tronchi meravigliosi, eleganti, snelli e altissimi vegliano i loro fratelli morti, schiantati al suolo, in via di decomposizione.

Nessun passante sembra far caso a tutto questo.

Noi siamo esseri umani, non vegetali! Forse non riusciamo a comprendere la loro sofferenza…

Eppure un albero è un essere vivente come noi: nasce, cresce e muore come noi.

Impiega molto più tempo ma segue il nostro stesso ciclo.

Camminando in un bosco vediamo la bellezza e non pensiamo alla sofferenza e alla morte.

Nascita e morte in un'unica immagine

Nascita e morte in un’unica immagine

L’immagine qui sopra è stata scattata poco dopo l’alba.

Una luce fredda e radente penetra a fatica tra la vegetazione. La foresta di conifere è incredibilmente fitta. I tronchi, alti anche una trentina di metri, creano uno scudo verde che mantiene tutto in perenne ombra.

Questa scena può richiamare in noi il concetto della nascita ma se si guarda bene - in primissimo piano - si intravede un albero caduto al suolo con i rami coperti di ragnatele.

L’albero è stato fortemente sfocato, la morte non è la protagonista in questa scena. Ma è lì.

Seminascosta, quasi invisibile, non si fa notare, ma c’è.

E fa giustamente parte del tutto.

Poi l’uomo ci mette del suo, come si nota qui sotto.

Un albero centenario sradicato e abbattuto

Un albero centenario sradicato e abbattuto

Chissà quale forza ha sradicato questo faggio enorme e lo ha abbattuto.

Forse un colpo di vento poderoso, oppure un fulmine, oppure il peso della neve.

O forse un piccolo insetto che ha minato la struttura delle radici, oppure la spora di un fungo.

Come per noi, anche per gli alberi, la fine può arrivare in mille modi diversi.

In questo caso l’uomo è arrivato e ha fatto scempio del cadavere.

Lo ha mutilato, fatto a pezzi, e se lo è portato a casa per bruciarlo nella stufa. Magari ha usato piccole parti del morto per arrostirci le castagne. Oppure si è seduto davanti alla pira funeraria per leggere una favola ai nipotini.

Non siamo vegetali e non capiamo la sofferenza di un albero.

Eppure io credo che anche gli alberi possano soffrire.

Non capiamo come ma sono certo che questo accada.

Non funzionando come noi non capiamo. Pensiamo che il legno sia legno, che la corteccia sia corteccia e che le foglie siano foglie.

Secondo me non è esattamente così.

D’altra parte gli orientali considerano esseri viventi anche i minerali, essendo fatti per la maggior parte di carbonio.

Facciamo fatica a comprendere la sofferenza degli animali, come possiamo pensare di capire la sofferenza di un albero?

E se crediamo in un paradiso chissà se in alto, sopra le fronde più lontane dal terreno, non ci sia un paradiso degli alberi.

Le fronde dei faggi agitati dal vento

Le fronde dei faggi agitati dal vento




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