Fare la fine del topo significa - metaforicamente - restare intrappolati e morire.
Morire in trappola non è mai una dolce morte.
Per prendere un topo che si infila in casa e si nasconde in cucina, e prenderlo velocemente prima che inizi a fare danni, io conosco un solo metodo infallibile: la colla.
Il topo annusa l’esca e si avvicina rimanendo invischiato con le zampette anteriori.
Nel tentativo di liberarsi rimane sempre più preso nella morsa.
Più si agita (nel vano tentativo di scappare) e più rimane incollato.
Presto si troverà con l’intero corpo immobilizzato e la forza della colla è tale che ogni movimento gli verrà precluso: anche il respiro.
Avrei potuto finirlo rapidamente (per non farlo soffrire, intendo) ma sarei stato il suo assassino così ho lasciato che la natura facesse il suo corso e che, dopo un’agonia di qualche ora, il topo morisse da solo.
Sei rimasto indifferente a questa spiegazione? Sei scandalizzato? Schifato?
Ognuno di noi interpreta questa cosa in modo diverso.
Povero topolino!
oppure…
In fondo si tratta solamente di un topo!
E se al suo posto ci fosse stato un gattino?
Oppure un tenero cucciolo di cane?
Sicuramente le reazioni sarebbero state unanimemente a favore dell’animale.
Ma torniamo al nostro topo.
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Avrei dovuto ucciderlo e terminare così la sua sofferenza?
Oppure ho fatto bene a lasciare che la Natura facesse il suo corso?
La Natura con la N maiuscola. Oppure Madre Natura come poeticamente dicono in tanti.
Quella Madre Natura che fa sì che gli animali si mangiano tra di loro.
Un serpente stritola la sua preda soffocandola e spezzandole le ossa prima di ingoiarla intera.
Un varano avvelena il suo futuro pasto e poi lo segue per giorni interi prima che questo cada a terra febbricitante e venga quindi mangiato vivo.
Non mi sembra che una madre possa veramente fare questo, eppure per tanti di noi la natura si esprime con un tramonto o un paesaggio mozzafiato e mai con un rapace che smembra i pulcini nel loro nido…
Quando guardi una fotografia tu fai esattamente la stessa cosa.
La guardi attraverso i tuoi occhi, la tua educazione, le tue tradizioni. I tuoi filtri.
Per un orientale non c’è nessun problema nell’avere un cane da compagnia e un cane che diventa la sua cena.
Per te è inconcepibile.
La morte altro non è che l’ultimo atto della vita. Una cosa normale. Naturale.
Perché non fotografarla?
Conosci la tradizione vittoriana che prevedeva di fotografare i cadaveri delle persone amate?
Prova a fare qualche ricerca sul web.
Oggi questa cosa verrebbe considerata un abominio mentre allora era una cosa normale. Naturale. Farsi una fotografia non era una pratica semplice come oggi e qualcuno non aveva di sè alcuna immagine se non quella del suo corpo morto.
Per assurdo oggi è proprio la fotografia che sembra debba fare la fine del topo soffocata dalle mode, dal già visto, dalle buone [troppe] regole, dal politically correct.
Eppure io credo che la fotografia abbia ancora tantissimo da dire.
Non è la fotografia che sta soffocando ma sono, a mio parere, i fotografi.
Sono i fotografi che non sanno più che cosa dire. Oppure che si adeguano alle mode perché vogliono emergere, essere notati.
Nella colla ci finisci solo se annusi il profumo dell’esca ma l’esca è lì solamente per catturarti e farti finire in trappola.
L’occhio nerissimo e vispo del topo (luminoso e acceso anche da morto) non è bastato a salvarlo.
L’esca lo ha invogliato e la colla lo ha catturato, avvolto e ucciso.