Devi fare brutte foto

Pubblicato da Maurizio il 07/02/2020
Aggiornato il 30/12/2022
Tempo di lettura, circa 4 minuti

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Tratto da “Gli S-Consigli”, la newsletter riservata alla community di Reflex-Mania

Attenzione - Questo non è uno (s)-consiglio per tutti.

Mi rendo conto che di certo qualcuno (anche più di qualcuno) leggendolo storcerà il naso. Ma anche se questo fosse proprio il tuo caso, credimi che a volte sono proprio le cose che ci infastidiscono un po’ a fornirci gli spunti di riflessione più utili.

Quindi, nessuna pretesa di convincerti, ma penso che possa essere utile condividere alcuni suggerimenti, perchè ciascuno possa poi elaborare un proprio personale approccio al problema.

Uno degli errori che mi capita più spesso di vedere, soprattutto in chi scatta poco sostenendo di non riuscire a ottenere le immagini che ha in testa, è la convinzione (o meglio, l’aspettativa) di poter pianificare una fotografia, uscire a cercarla, per poi ottenere una buona immagine ogni volta.

La verità è che non è mai così.

Tanto meno se (come capita al 99% dei fotografi non professionisti) “usciamo a far fotografie” per strada cercando di “fermare l’attimo“.

La verità è che praticamente tutti i grandi fotografi hanno ammesso, in qualche momento della loro vita, che ottenere uno scatto davvero interessante è un evento raro per tutti: anche i migliori spesso non ottengono più di una buona fotografia al mese, e una davvero notevole magari solo una volta all’anno. E questo, scattando per mestiere.

Josef Koudelka una volta ha detto: “Le mie foto quasi mai mi piacciono davvero. E se non sono soddisfatto, è semplicemente perchè le buone foto sono rare. Una buona foto è un miracolo“.

Chi spera di uscire e, ogni volta, tornare a casa con la scheda piena di immagini valide ha solo due possibilità: arrendersi all’idea di rimanere perennemente frustrato e deluso, oppure essere abbastanza superficiale da non rendersi conto della mediocrità delle proprie immagini.

Invece il segreto è imparare a convivere con l’insuccesso. O, meglio ancora, non viverlo come tale. Puoi vivere la fotografia come una ricerca. Hai in mente un traguardo, ma non sai dove, quando, e se lo raggiungerai.

I fallimenti sono le tappe del tuo percorso. Senza quelli, sei certo che non arriverai mai alla meta.

L’abbiamo già detto, il fotografo - soprattutto quello di strada - è prima di tutto un selezionatore, perchè non può costruire la sua scena: seleziona - tra tutto il materiale disponibile - cosa includere nell’inquadratura e, ancora più importante, sceglie cosa escludere, cosa lasciare fuori.

La stessa cosa, lo stesso spirito, lo si deve applicare alle fotografie. Un bravo fotografo, forse ancora più che un bravo creatore di immagini, è un bravo selezionatore di immagini.

Sapersi staccare dagli scatti che non funzionano, ed essere in grado di distillare quelle poche immagini che sono davvero forti è una delle doti fondamentali (se non la più importante) di un bravo fotografo.

Eric Kim, in uno degli articoli del suo blog (che tra l’altro ti consiglio di seguire se ti interessi di street photography, è davvero interessante), riporta a questo proposito un aneddoto molto calzante, nel quale Trent Parke (un fotografo Magnum di fama indiscussa) racconta la nascita di una delle sue fotografie più famose: le ombre scure di una serie di soggetti che si stagliano sulla parete di un bus in movimento…

Trent Parke - Sidney, 2002

Ecco cosa dice:

I shot a hundred rolls of film, but once I’d got that image I just couldn’t get anywhere near it again. That’s always a good sign: you know you’ve got something special.

(Avrò scattato un centinaio di rulli, ma non sono mai più riuscito a ottenere nulla che si avvicinasse a quell’immagine. Quello è sempre un buon segno: sai che hai realizzato qualcosa di speciale.)

Capito?! Un centinaio di rulli…

Parke è tornato per mesi a fotografare la stessa fermata dell’autobus, prima di ottenere la sua immagine. E poi ancora, per verificare che davvero non si potesse ottenere ancora qualcosa di meglio.

Ecco l’essenza del grande fotografo: scattare migliaia di fotografie di un soggetto, per poi saper scegliere quell’unica che fa la differenza, e saper lasciar perdere tutte le altre centinaia di immagini non così buone.

Sempre Kim, racconta di aver imparato da David Alan Harvey la vera differenza tra un fotografo mediocre e un grande fotografo, ovvero quanto cocciutamente si è capaci di perseguire l’obiettivo:

Scelto il soggetto (l’altro ingrediente che fa la differenza), il fotografo “normale” si accontenta di scattare 2,3,5 fotografie - per poi scegliere la migliore; il grande fotografo invece è capace di spendere centinaia (o addirittura migliaia) di scatti, in cerca dell’immagine perfetta: la balena bianca…

In sostanza, non devi aver paura di scattare brutte foto, perchè ogni brutta foto è un piccolo passo di avvicinamento alla foto buona. Anzi, dovresti liberarti del tutto dell’ansia di dover per forza scattare buone foto, arrivando finalmente a scattare e basta. Per poi (solo dopo) andare in cerca della foto “perfetta”!

Tutto questo però, solo a patto che tu sia disposto a fare tuoi altri due precetti del buon fotografo:

Mostrare al pubblico solo una piccolissima percentuale degli scatti che realizzi.

Imparare ad aspettare.

Aspettare prima di guardare e selezionare i tuoi scatti, in modo da lasciarli decantare e poterli analizzare con distacco e oggettività.

In pratica quasi tutto il contrario di quello che siamo spinti a fare normalmente (ovvero pubblicare centinaia di scatti sui social e selezionare le foto dal display della fotocamera appena dopo averle scattate).

Che dici, ti senti pronto a provare?




Massimo

29/02/2020 alle 08:52

Grazie Maurizio per l’interessante riflessione.

Mi ci ritrovo molto e questo mi consola.

Pensavo di essere alieno in un mondo di postatori compulsivi.

Inconsciamente mi comporto come dici da anni.

Anche io sono un fotoamatore e onestamente, quando ho del tempo libero, preferisco andare fuori a fare foto piuttosto che stare in casa al pc a guardarle o a postarle sui social.

Amo l’atto del guardare attraverso il mirino della reflex o ancor di più attraverso il pozzetto della medio formato.

Io amo la fotografia naturalistica e quindi amo passare anche diverse ore in totale silenzio e solitudine alternando il binocolo alla macchina fotografica.

Oppure mi piace perdermi nella ricerca della composizione di un paesaggio naturale o urbano con la mia 6×6.

Le foto le guardo e soprattutto le sviluppo dopo molto tempo, spesso anche dopo anni.

Adesso per esempio sto riguardando foto del 2012.

Ho il bisogno di avere un distacco emotivo da esse, dal momento nel quale le ho fatte, dall’emozione più o meno intensa che mi hanno dato.

Guardandole a distanza di tempo è come se non fossero più mie e riuscissi ad essere meno soggettivo ed a capire meglio se la foto vale la pena o no di essere sviluppata e perchè no, stampata.

Buona luce

Massimo

Maurizio

29/02/2020 alle 09:03

Grazie per aver condiviso un pensiero così personale!


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