Sebbene io non ami fotografare le persone questo progetto parla di una persona della mia famiglia.
Lo zio Armando era, in realtà, uno zio di mio suocero ma per mia moglie e le sue sorelle - in verità per tutti noi - era semplicemente lo zio Armando. Un po’ lo zio di tutti…
Un uomo d’altri tempi
Sempre vestito di tutto punto, con il cappello Borsalino appoggiato sulla testa un po’ di traverso: atteggiamento comune di tutti i nostri nonni ma che a me ha sempre suggerito un non so che di sfida, un atteggiamento quasi da gangster.
Certo che Armando e i suoi coetanei di sfide ne avevano combattute parecchie! Forse il cappello di traverso simboleggiava non tanto la sfida in sè quanto piuttosto ostentava la vittoria sulle sfide che la vita aveva riservato loro.
E Armando di sfide ne aveva affrontate tante.
Chiamato in guerra più volte per servire come autista di camion (il suo mestiere) aveva partecipato allo scellerato piano colonialista italiano inclusa la campagna d’Africa dove fu fatto prigioniero dagli americani e trasferito - come prigioniero appunto - negli Stati Uniti.
Quell’autista
in Abissinia
guidava il camion
fino a tardi
e poi a notte fonda
si riunivano.
A quel tempo in Europa
c’era un’altra guerra
e per canzoni
solo sirene d’allarme.
—Franco Battiato - Aria di rivoluzione
Negli USA Armando scontò, sempre come autista, la sua pena da galeotto finchè non potè rientrare in Italia. A casa.
Qui trovò la famiglia in una situazione finanziaria critica e, con i soldi risparmiati durante i suoi lavori forzati, riuscì a riappianare il disastrato bilancio dell’attività famigliare.
Non si è mai sposato, Armando
Una situazione alquanto inusuale per quei tempi dove, anche un matrimonio combinato, non avrebbe destato alcuno scalpore.
Della guerra nessuna parola: mai
Armando ha sempre evitato gentilmente di rispondere alle numerose domande che gli venivano poste.
La curiosità era tanta. Con una vita del genere hai da raccontare storie ed aneddoti anche ai pronipoti!
Armando, invece, non ne ha mai voluto sapere. Non si vantava di essere stato in guerra: forse ciò che aveva visto non era semplicemente qualcosa da raccontare.
Sicuramente sono andate distrutte, da mano sconosciuta, parecchie fotografie di quel periodo.
Poi, la zampata irreversibile dell’età
Qualche timido segnale prima del declino definitivo.
Gli ultimi anni - tanti a dire il vero - trascorsi in un letto. Una nuova prigionia dopo quella patita negli Stati Uniti.
Un uomo brillante, il nostro Armando. Di poche parole (pochissime) ma sempre attento a ciò che gli girava intorno.
Il giorno del suo centesimo compleanno lo abbiamo festeggiato con un pranzo. La foto di apertura lo ritrae, con l’immancabile Borsalino, mentre brinda.
Ad un certo punto gli è stato chiesto se fosse stanco e se non fosse il momento di tornare a casa. La sua risposta non è stata certo quella che ti aspetteresti da un centenario: non c’è nessuna fretta… qui c’è tanta gente che si sta divertendo!