La nostra vita intera - e quindi anche la nostra storia come fotografi - ci mette davanti ad una serie di fallimenti.
Il fallimento ci farà soffrire ma ci permetterà anche di crescere.
Io non sono un tifoso della sofferenza, intendiamoci bene… non sono uno di quelli che dicono che attraverso il dolore si cresce! Attraverso il dolore si soffre e si sta male e io cerco di evitarlo per quanto possibile ma è vero che anche il dolore può insegnarci qualcosa.
Veniamo alla nostra storia.
Sto digitalizzando una serie di vecchie diapositive (eh… quando inizi a masticare fotografie la fame aumenterà sempre più) e ho trovato una piccola serie di scatti che hanno riportato a galla un vecchio ricordo.
Il ricordo di un fallimento memorabile!
Agosto 1993
Allora avevo 24 anni compiuti da qualche mese.
L’autunno precedente era finita improvvisamente ed in malo modo una storia d’amore importante (sì, lo so che è un classico visto e rivisto ma continua a leggere, per favore).
Io facevo molta fatica a digerire la cosa e - dal momento che ho un livello di socialità da fare a gara con un ghiro in letargo - avevo programmato per quell’estate di percorrere il Sentiero dei Ducati in solitaria.
Potresti pensare subito ad una bella camminata rilassante non fosse che questo sentiero scavalla l’Appennino reggiano e arriva in Lunigiana… circa 200 km da percorrere in una dozzina di tappe.
Ma io ho poco più di 20 anni e sono incosciente come un ventenne! Che problema c’è?!
Dopo una preparazione fisica ridicola eccomi pronto a partire!
Questa foto mi ritrae ai margini del piazzale della chiesa di S. Antonino martire a Quattro Castella (RE).
Potenza della fotografia! Tutto questo era praticamente sepolto in chissà quale meandro poco frequentato del mio cervello ma, quando ho trovato le diapositive, tutto è tornato limpido e chiaro.
Sento ancora l’afa dell’estate e lo scricchiolio della ghiaia sotto la suola rigida degli scarponi da montagna.
La foto l’aveva scattata mia madre che mi aveva accompagnato in auto. Poveretta… aveva ceduto alla mia testardaggine ma - oggi che anche io sono genitore - credo fosse enormemente preoccupata.
Il telefono cellulare non esisteva! Avrei potuto chiamare a casa ogni tanto dai telefoni pubblici che avrei - forse - trovato lungo il percorso.
Avevo in spalla uno zaino ricolmo e pesante ed ero senza un adeguato allenamento.
A volte capita di viaggiare a tutto gas verso un muro di cemento armato senza riuscire a vederlo…
Il sentiero si inerpica abbastanza ripidamente lungo i fianchi delle colline. Spesso si costeggiano i calanchi che in questa zona sono numerosi e piuttosto profondi.
Non avevo, ovviamente, come me un GPS quindi dovevo per forza affidarmi ad una cartina che mi ero fotocopiato da un libro preso in biblioteca, la bussola e i segni bianco-rossi disseminati lungo il percorso.
Il paesaggio è molto bello e il silenzio è notevole.
C’è una certa pace che inizia, finalmente, ad invadermi non fosse che gli spallacci dello zaino mi provocano un certo dolore e i miei muscoli, poco allenati, iniziano molto presto a dare segni di stanchezza.
In questo paese fantasma avrei dovuto trovare una fonte (o, perlomeno, così dice la mia cartina fotocopiata in biblioteca) ma questo necessario incontro non si realizza.
La borraccia, intanto, è già stata svuotata. Il caldo del pomeriggio è notevole.
Non sono stato in grado di capire dove si trovi questo gruppo di case. Sinceramente non lo ricordo e anche guardando le mappe satellitari non riesco a localizzarlo. Peccato.
Per fortuna lunghi tratti di cammino si effettuano all’ombra del bosco. Qui la temperatura è più accettabile e…
… si possono fare incontri molto particolari.
Ricordo benissimo il rumore di zoccoli in rincorsa che sentivo molto vicino a me e il cuore che batteva a mille!
Quando il cervo è sbucato dal bosco mi ha visto e si è fermato. Non so dire chi dei due fosse più stupito o spaventato.
Io ho avuto qualche secondo di tempo e ho potuto scattare la fotografia qui sopra. Poi l’animale si è dileguato.
Era circa metà pomeriggio. Avevo caldo, sete e il battito accelerato dallo spavento.
Ricordo che ad un certo punto ho trovato dell’acqua dove la cartina non segnava nulla e sono riuscito almeno a dissetarmi e riempire di nuovo la borraccia.
Poi ho ripreso il cammino. Sempre più lento, sempre più dolorante.
Ecco, bisogna anche capire quando arriva il momento di mettere da parte le idee di vittoria e l’orgoglio e alzare la bandiera bianca.
Avevo le anche praticamente bloccate dal dolore. Il peso dello zaino era troppo. Non potevo farcela. Non potevo andare oltre.
Oppure no… DOVEVO andare oltre. Avrei dovuto raggiungere un posto abitato per poter telefonare a casa.
Incrocio una strada, mi oriento e proseguo lungo l’asfalto fino ad arrivare al primo paese.
Entro in un piccolo bar e chiedo di telefonare.
A casa sono stupiti di sentirmi così presto ma - dalla voce - capisco subito che sono decisamente sollevati. Il mio fallimento per i miei genitori significa la tranquillità di riavermi a casa.
Eccoci arrivati alla fine della storia.
Sulla sinistra si vede parte dell’auto di mio papà al quale ho chiesto di scattare la fotografia che testimonia senza nessuna pietà la mia resa.
Questa foto, senza volere, è emblematica.
Il muro alle mie spalle, infatti, cinge il piccolo cimitero di Canossa.
Quante chiavi di lettura ha una foto del genere?
Numerose.
Il pessimista direbbe: ho le spalle al muro. Sono seduto - vinto - davanti ad un cimitero. Peggio di così non poteva andare.
L’ottimista: il cimitero evidenzia il fatto che io sia vivo ed è, comunque, un luogo di pace. La pace che stavo cercando.
Anche in questo caso posso affermare senza dubbi che la lettura di una fotografia non è mai semplice ed immediata e questa foto testimonia quanto sia difficile per un fotografo comunicare al pubblico il suo pensiero.
Ognuno di noi vede nella fotografia che ha di fronte qualcosa di personale, filtrato dalle proprie esperienze, dalle proprie aspettative, dalla sua cultura, le sue credenze, i suoi sentimenti più intimi.
In fin dei conti è solo il fotografo che sa veramente perché ha scattato proprio quella foto.
Triste ma vero!
Quindi - ti starai chiedendo - ora devi dirmi che cosa significa questa immagine per te!
Questa foto ritrae un fallimento. Un fallimento annunciato e facilmente prevedibile e che io avevo sottovalutato.
Non mi sono fatto del male. Questa è una cosa molto importante.
Mi sono messo alla prova. Ho fatto un tentativo e ho rinunciato quando ho capito che non sarei potuto andare oltre.
Ho reagito ad una situazione dolorosa dopo mesi di apatia totale. Diciamo che non è stata proprio un’idea geniale ma ho agito e questa è la cosa che conta.
Quando ho visto le fotografie il ricordo si è materializzato davanti ai miei occhi in modo chiarissimo sebbene siano passati così tanti anni.
Non ho avuto nessun ricordo doloroso. Mi ha fatto piacere vederle. Mi ha fatto piacere ricordare.
Un fallimento memorabile!