Forte e gentile

Pubblicato da Maurizio il 10/04/2020
Aggiornato il 30/05/2023
Tempo di lettura, circa 3 minuti

nemo

Nonostante si faccia un gran dire del fatto che la vita sia breve e che, pertanto, deve essere vissuta intensamente io credo invece che la vita sia lunga (a volte molto lunga) e vada invece vissuta dignitosamente.

É di nuovo un periodo un po’ particolare e non molto brillante della mia esistenza.

La clausura forzata peggiora (ma non sono sicuro che peggiora sia la parola giusta) le cose.

Il tempo si dilata e ci possiamo concedere un lusso che normalmente tralasciamo: il pensiero.

Proprio in questi giorni fa clamore la notizia di un attacco gratuito in rete, da parte di una piccola persona alla ricerca di notorietà, ai danni di una grande persona che sta attraversando, invece, un periodo estremamente tribolato.

Piccoli e grandi uomini (e donne… sia beninteso!).

Nani che cercano di schiacciare dei giganti.

Notorietà a tutti i costi; come se la cosa più importante fosse dimostrare agli altri che esistiamo.

Perchè ho usato le parole forte e gentile nel titolo?

Perchè spesso usiamo queste due caratteristiche invertite rispetto al loro utilizzo naturale… siamo gentili con noi stessi (ci concediamo tanto, ci aduliamo, ci improvvisiamo esperti, ci sentiamo estremamente intelligenti, sbandieriamo i nostri diritti) e siamo forti con gli altri (pontifichiamo, raccomandiamo, giudichiamo).

Mi è subito venuta in mente questa immagine che ho ri-editato per l’occasione.

I resti di una colonna all'interno del teatro greco di Taormina

I resti di una colonna all’interno del teatro greco di Taormina

Ero a Taormina con mia moglie per una vacanza breve e neppure riuscitissima. Il cielo coperto rendeva la mattinata terribilmente afosa come solo noi emiliani sappiamo sopportare con scioltezza.

Passeggiando all’interno del teatro storico, nella parte più alta, ho visto questa colonna (questo avanzo di colonna a dire la verità) e l’ho fotografata istintivamente.

Mi era sembrata una parte molto interessante del teatro. Non le scalinate, non il proscenio sbriciolato dal tempo e dall’incuria ma quel moncone di colonna ignorato da tutti.

Ecco, io credo che dovremmo impegnarci per assomigliare anche solo un po’ a quella colonna.

Saldi sulla nostra base anche se divorati dal tempo e dalle avversità.

Dritti ed eleganti anche se spezzati in due e i frammenti sparsi chissà dove.

Sicuri anche se le nuvole sopra di noi minacciano pioggia da un momento all’altro.

Fieri di ciò che siamo stati: di quando reggevamo la volta di questo splendido teatro che tanti possono solo immaginare ma che noi, invece, abbiamo visto e vissuto.

E, infine, dovremmo guardare seri e silenziosi i numerosi fili d’erba che si muovono all’unisono ad ogni alito di vento, tutti nella stessa direzione, tutti uguali e ben allineati.

Loro, all’inizio dell’inverno, soccomberanno e saranno sostituiti da altri la primavera successiva e, questi, si piegheranno in favore di un diverso e nuovo vento.

La vecchia colonna erosa del teatro di Taormina sarà invece ancora lì, incurante della frivola brezza marina.


etichette: introvisioni, filosofia



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